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martedì 17 dicembre 2019

Diploma di Innografo a Don Francesco Russo, barone di Cortimpiano e marchese di San Lorenzo

Diploma di Innografo a Don Francesco Russo, barone di Cortimpiano e marchese di San Lorenzo


Innografo è colui che scrive inni religiosi e Sua grazia don Francesco Russo di Cortimpiano e di San Lorenzo,  persona di grande spiritualità è uno di questi. L'Inno (dal greco hymnos) è un canto di lode, adorazione e preghiera rivolto a Dio, alla Madonna e ai Santi e, in tale campo don Francesco è un esperto, come dimostra l'inno composto per la festa della Santa e vivificante Croce che riportiamo qua sotto.




Questo riconoscimento, unico concesso da una struttura accademica della nostra Chiesa, pone don Francesco nel solco di una tradizione antica (nel Vecchio Testamento sono molto apprezzati i Salmi) molto apprezzata dall'Ortodossia che ha avuto numerosi innografi (detti anche melodisti o salmisti), tra i quali ricordiamo i Santi: Efrem il siriano, Giuseppe l'innografo, Kassiano l'innografo, Romano il melodista ecc. 




mercoledì 11 dicembre 2019

Storia: Il dossier di Goffredo de Buglione, il primo re di Gerusalemme


Storia: IL DOSSIER DI GOFFREDO DE BUGLIONE, IL PRIMO RE DI GERUSALEMME.

Il dossier di Goffredo De Buglione, il primo re di Gerisalemme




Cavaliere Alfredo Mancuso Messaggero di Pace,, Gran Priore Vicario della Confraternita Templare di San Giacomo de Molay.
Priorato della Calabria.
Maertedì 17 Ottobre 2017 *



Dagli archivi storici.

Goffredo di Buglione, duca di Lorena Signore delle Ardenne, difensore del Santo Sepolcro.
Goffredo di Buglione è stato il primo re di Gerusalemme, dopo la liberazione dei santi luoghi del dominio musulmano. Naturale della Borgogna, Goffredo, nella sua persona fu considerato l’ideale cavalleresco di consegna e obbedienza alla Chiesa.


Il suo esempio sarebbe stato divulgato come esempio per i cavalieri europei, divertenti nella lotta sterile, mentre altri sub ordinati con le loro virtù guerriere a beneficio dei più deboli, Cristiani di terra Santa. Nato a boulogne-sur-mer nel 1060, figlio di Eustachio II, Conte di Borgogna, e di Ida, figlia di Goffredo il barbuto, duca della bassa Lorena. Goffredo, come vassallo del Sacro Romano Impero Germanico, ha sostenuto le conclusioni di Henry IV° nella guerra delle investiture contro Papa Gregorio VII* (1080-1084). Di cui era erede il giovane Nobile Vallone. Il nuovo Duca della bassa Lorena, di spirito idealista ed estremamente religioso, ha visto agitare il suo interiore davanti alle prediche disposte a recuperare i santi luoghi.
Il Papa Urbano II° supplicava la nobiltà europea perché si convengano a una crociata che permettesse il libero pellegrinaggio dei Cristiani a Gerusalemme, che i principati turchi impedivano con il loro fondamentalismo. Nel 1096, Goffredo, insieme ai suoi fratelli Eustachio e Baldovino, ha preso la croce. Il 15 agosto 1096 un esercito di circa quattro decine di migliaia di crociati si stava dirigendo verso L’ Oriente. Nell’ autunno, i crociati hanno negoziato con il re Coloman per il passaggio libero attraverso il regno Ungherese. L’ esercito è passato con una severa disciplina, a differenza del contingente popolare che aveva precedentemente seguito a Pietro L’ eremita, che hanno dovuto essere attaccati dai loro saccheggi e aggressione con la popolazione contadina. L’ imperatore bizantino, Alessio I Comneno, ha di truppe al contingente crociato, ma strettamente sorvegliato dalle truppe pechenegas, che facevano il loro lavoro di polizia, fermando i rezagazos e persino uccidendo i crociati che erano atti di saccheggio. Tuttavia, il 23 dicembre, l’esercito di crociati fiamminghi e valloni era nelle periferie di Costantinopoli, la seconda Roma. L’ imperatore voleva evitare che il contingente borgognone si scontrasse con il normanno-Siciliano e il Aquitana. I timori con i bizantini erano costanti. I Cavalieri del Nord furono visti dagli educati greci, come barbari semiselvatici, che in poco tempo si differenziano di coloro che nel secolo V° avevano rovinato la parte occidentale dell’impero romano. Da parte loro, i crociati vedevano in quei greci coltivati, uomini pragmatici, arricchiti dal commercio con L’ Oriente, tolleranti con le altre culture, e sospettosi di tutto l’ideale.
La morte in combattimento era una cosa onorevole per un guerriero tedesco, sì, e si faceva anche per liberare i santi luoghi, il motivo contrae un maggiore onore. Al contrario, i bizantini non consideravano la morte in combattimento come onorevole, nemmeno se si era combattuto per difendere la religione contro le tribù nomadi turche, di religione musulmana. La divergenza di mentalità doveva avere dei problemi. Inoltre, Alessio I, come imperatore bizantino, richiedeva il giuramento dei crociati nella sua marcia verso L’ Oriente. Davanti alla superiorità militare dell’esercito bizantino, i capi della crociata avrebbero dovuto giurare fedeltà all’imperatore. Goffredo, è stato uno di coloro che sono intervenuti a favore del giuramento, per evitare problemi e garantire l’approvvigionamento dei bizantini al loro esercito.


La Crociata era sotto la direzione di Raimondo IV di San-Gilles, Conte di Tolosa, di Boemondo di Sicilia, di Roberto delle Fiandre e di Roberto di Normandia. I crociati hanno affrontato con successo le truppe turche che li hanno fatti fronte, e che in precedenza avevano sterminato i venti mila pellegrini che aveva diretto Pietro l’Eremita. I crociati non avevano un capo effettivo, anche se Raimondo di Tolosa, sottolinea su tutti. Tuttavia, il suo comando doveva essere collegiale per la presenza del Conte di Normandia, capo naturale dei Normanni; quello delle Fiandre, che capo dei Borgognoni; quella di Boemondo, che veniva con i suoi normanni siciliani e in misura minore, Goffredo con I suoi loreneses, a parte i contingenti tedeschi e italiani. Nonostante la divisione in comando, i crociati sono riusciti a sconfiggere i turchi selgiuchidi in Nicea e nella battaglia di Dorylæum (il 1 LUGLIO 1097). La traversata dell’Asia Minore è stata dura. La Penisola Dell’Anatolia era stata spazzata via dagli attacchi dei nomadi turchi e dei contrattacchi bizantini. In quel momento la regione era divisa in piccoli palazzi turchi e armeni cristiani. La principale azione della crociata è stata la ripresa della città di Antioquia. Antioquia è stata una delle antiche città dell’impero, sede di un patriarcato e uno dei centri culturali ellenici. La presa della grande città è stata raccontata con il coraggio di Goffredo e i suoi loreneses che riuscirono a saccheggiare le sue forti mura.


Tuttavia, la presa della città contraddirebbe il problema di non restituire Antiochia all’impero, apparenza all’imperatore, che vedrebbe, come i crociati non sarebbero vassalli suoi, ma si comporterebbero come signori indipendenti di un nuovo potere cristiano nella zona. In Antiochia il potere politico sarebbe nelle mani dei crociati latini, ma condiviso nell’aspetto ecclesiastico con i greci, proimperiales. Goffredo, nel frattempo, si diresse verso Edessa, dove aiutò suo fratello Baldovino a creare un altro signoria latino. Edessa sarebbe il principato più in anticipo dei palazzi che si costituiscono dall’irruzione dei crociati. In questo caso, Edessa, la più esposta all’interno musulmano, avrebbe la minima presenza di cavalieri franchi, ma a sua volta sarebbe la più orientalizata signoria per la collaborazione con i franchi della popolazione armena cristiana. Di ritorno ad Antiochia, ha partecipato Roberto, duca di Normandia, al consiglio d’arbitrato organizzato per riconciliare la forte rivalità tra Boemondo e Raimondo di Tolosa. Dopo il 23 novembre 1098, i provenzali lasciarono Antiochia con Raimondo, ma Goffredo di Bouillon e Roberto, Conte delle Fiandre, iniziarono la marcia verso Gerusalemme alla fine di febbraio 1099. Dopo l’assedio di Gibel, l’esercito ebbe la prima vittoria ad Arka (il 12 marzo), dopo un percorso di successo che ha dato loro il possesso delle principali città della costa levantina, come Tripoli e Beirut.


Il 7 GIUGNO, i crociati sono arrivati a Gerusalemme e hanno aperto il sito della città. Il 15 luglio 1099, Goffredo e suo fratello Eustachio hanno messo una torre d’assalto sulle mura, essendo i primi ad entrare in città. La conquista della città è stata fatta in modo sanguinoso, i musulmani furono sterminati e la minoranza ebraica, profuga nella sinagoga principale, lo fu anche per la sua collaborazione con il potere islamico. Solo le minoranze cristiane arabe sono state rispettate (giacobiti, ortodossi e armeni). Goffredo, da parte sua, ha tolto le sue armi e, a piedi nudi e in camicia da notte, si è rivolto a pregare il muro del Santo Sepolcro. I crociati vittoriosi decisero di nominare un re, che avrebbe dovuto governare il nuovo stato costituito dai territori conquistati della Palestina. Il capo riconosciuto della crociata era Raimondo IV di San-Gilles, che ha respinto la corona, sapendo che non contava l’unanimità di tutti i componenti della crociata. Infine, si sarebbe stabilito con i suoi cavalieri provenzali a Tripoli, dove sarebbe un’altra signoria latina, dove la lingua della nuova nobiltà era la lingua di oc. Per quanto riguarda Roberto di Normandia e Roberto delle Fiandre, gli altri due capi di peso della crociata, compiuto lo scopo di liberare Gerusalemme e i santi luoghi, volevano solo tornare al loro dominio europeo, tanto tempo fuori. Infine, Goffredo di Bouillon è stato eletto all’unanimità, anche se ha rifiutato di utilizzare il termine di re, dove il Signore era stato incoronato con la corona di spine. Goffredo avrebbe accettato di essere l’avvocato dei cavalieri e il difensore del Santo Sepolcro.


Goffredo di Bouillon era l’unico dei grandi che era disposto a rimanere, a differenza di suo fratello, Eustachio, che è tornato in Europa. Goffredo era duca di Lorena, per discendenza materna, discendente di Carlo Magno. Tuttavia, questa signoria era stata conquistata dall’imperatore, che lo aveva feudalizzato di nuovo, per la sua lealtà nella guerra delle investiture contro il papa, ma senza carattere ereditario. Di conseguenza, per Goffredo era meglio restare in Terra Santa, che tornare al comando di un territorio contestato dall’autorità imperiale. Quanto alla sua persona, era l’unico che poteva avere l’unanimità degli altri componenti della crociata. Il suo idealismo cavalleresco era sempre stato sottolineato, intercedendo nelle dispute dei colleghi e dimostrando la sua adesione alla crociata per la sua nobile religiosità. Questo aspetto era visto dai suoi soldati come un difetto, essendo Goffredo, famoso per la sua intensa vita religiosa e condurre una vita ascetica.


A differenza di suo fratello, Baldovino, Signore di Edessa, che era più politico e pragmatico nell’arte di governare. Tuttavia, il suo aspetto fisico ha colpito i cristiani arabi, la sua altezza e capelli biondi, decorato da una barba dorata, rappresentava l’immagine del guerriero venuto dal nord dell’Europa, che aveva poche generazioni cristianizzate, ma che conservava le virtù guerriere dei suoi antenati . Goffredo si è rivelato una persona di grandi qualità e un grande guerriero, ma è sempre stato sensibile alle richieste della Chiesa, che di fronte alla fuga della gerarchia greca nei confronti dei musulmani, del patriarcato e delle altre sedi episcopali sono state occupate dai franchi di rito latino. Goffredo ha fatto numerose donazioni al patriarcato, trasformando la chiesa in uno dei pilastri economici e politici del nuovo stato. Come guerriero, Goffredo è riuscito a sconfiggere gli egiziani, che avevano sempre esercitato una potenza regionale nella zona. La conquista della fortezza di Ascalona forniva la sicurezza dello stato a una possibile invasione egiziana, proveniente dal deserto del Sinai. Poi ha cercato un’uscita sicura sulla costa, dove potevano venire i pellegrinaggi e gli aiuti militari al nuovo regno, per la cui difesa erano indispensabili. A tal fine ha ricostruito Jaffa, che divenne il nuovo porto del regno di Gerusalemme. Per la migliore baia, ha pensato di assediare Acro, per ciò che ha chiesto l’aiuto dei veneziani.


Venezia, Genova, Pisa e Amalfi sono approdati alle coste del nuovo regno, chiedendo privilegi per i loro commercianti, che si sono insediati in quartieri separati, nelle città della costa. Essi farebbero da intermediari tra le rotte provenienti dall’Asia e dai consumatori dell’occidente europeo. In cambio, i palazzi italiani, che furono rivali tra loro, forniscono il loro aiuto navale alle operazioni militari del nuovo regno. Tuttavia, Terra Santa si mostrerà una terra mortale per i crociati. Il clima e le malattie rendevano difficile la vita dei crociati. La popolazione latina stabilita in Palestina è sempre stata poco numerosa e la mortalità dei bambini maschi è stata grande. Inoltre, la vita guerriera porterebbe sempre un forte deficit di cavalieri nel regno. Gli stati latini per la loro difesa avrebbero sempre bisogno degli aiuti esterni dei loro fratelli europei.


Cav. Alfredo Mancuso in collaborazione con
Federica Templar.

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Santo Graal: oggetto o simbolo?


Santo Graal: oggetto o simbolo?



Ultimamente mi è capitato ad assistere ad un convegno tra i confratelli sul tema del mistero più fitto e coinvolgente che riguarda i Templari: il Santo Graal. Le relazioni molto interessanti riguardanti il tema da vicino hanno tenuto quasi ipnotizzato il pubblico intervenendo con gli argomenti ben preparati e presentati con maestria. Ma, come di solito succede, quando si parla del Santo Graal, anche sta volta la fantasia prese il sopravvento sulla realtà, pur citando alcune prove storiche veramente esistenti. Come prove storiche di solito si parla delle coincidenze più o meno plausibili, alcuni documenti, spesso incompleti, contenenti qualche frase indicativa, dunque con vario raggio di interpretazioni e adattabili alle diverse teorie, spesso contraddittorie tra loro. Come prima cosa si dovrebbe ben definire di cosa si tratta.

Un’ipotesi assurda.




Uno dei relatori avanzò l’ipotesi, che il Santo Graal sarebbe una pietra, uno smeraldo luminosissimo, caduto sulla terra dal cielo… ma in quale circostanza? Qui c’e da ragionare, ma davvero! La leggenda a sostegno di questa teoria vuole che lo smeraldo fosse caduto durante la battaglia tra Lucifero e San Michele Arcangelo, nel momento in cui il primo, sconfitto dal secondo sprofondò nel abisso, e in quel momento si ruppe la sua corona, spargendo le pietre preziose. Ma se gli angeli sono le entità puramente spirituali, dotate di intelligenza ma privi di corpo, come potrebbe uno di loro indossare una corona materiale con le pietre palpabili e collocabili all’interno della dimensione spaziotemporale? Si, in alcuni momenti particolari gli spiriti possono diventare visibili e talvolta possono persino materializzarsi, ma ciò accade per pochi istanti, e di certo non possono “indossare la corona” dalla quale cadono le pietre vere e proprie! Dunque un’ipotesi assai poco probabile questa!

Incredibile storia di Rennes-le-Chateau.


Poi si parlò di un’incredibile storia di Rennes-le – Chateau, un villaggio francese con una chiesetta fatiscente, che dopo l’arrivo del nuovo parroco Berenger Sunnier, fu sottoposta al restauro, durante il quale furono trovati dei documenti antichi. Da allora il parroco divenne inaspettatamente ricco e la chiesa per la sua particolarità divenne una meta di pellegrinaggi dei curiosi. Parlando di questo insolito e misterioso luogo, si tirò fuori per l’ennesima volta la favola del presunto sbarco di Maria Maddalena in Francia, che in realtà non ha nessuna credibilità storica ne geografica. Maria Maddalena non si è mai sbarcata in Francia, dopo l’ascensione di Gesù lei visse e morì ad Efeso, dove c’è la sua tomba.


La storiella dello sbarco in Francia fu messa in piedi per la prima volta nel periodo tra 780-856 d. C. da Rabano Mauro di Magonza, successivamente ricopiata da Jacopo da Varagine nella sua “Legenda Aurea” negli anni 1263-1273. Gli scritti pieni di incongruenze storiche e geografiche. Ma torniamo al discorso di Rennes- le-Chateau. Il relatore tirò fuori anche un’altra ipotesi molto cara ad alcune correnti gnostiche, cioè che Cristo non sarebbe morto in croce, ma scappò nelle Indie, dando la discendenza del “sangue reale”, che guarda caso sempre in Francia va a finire! L’incoerenza di tale discorso sta nella negazione(non si sa se inconsapevole o programmata) della divinità di Cristo, cioè niente risurrezione, niente ascensione, una vita tipicamente umana e terrena di un ennesimo predicatore contestato, messo a morte e sopravvivendo costretto al esilio! Dove da esiliato si fece una famiglia, diede la discendenza e poi morì come tutti gli esseri mortali! E allora in che consiste la divinità? Ma a parte tutto, ottenendoci alla descrizione del supplizio, la sopravvivenza non sarebbe possibile, visto che spesso gli uomini forti e robusti morivano durante la sola flagellazione! E il fatto stesso di essere capace di camminare dopo tale prova è decisamente fuori dalla portata di un uomo comune, figuriamoci a portare la croce! E per quanto forte potrebbe essere il fisico, dopo essere crocifisso e poi trafitto con una lancia, nessuno, ripeto, nessuno potrebbe sopravvivere! Secondo l’ipotesi del relatore in questione, però il mistero inconfessabile contenuto nei documenti trovati da Berenger Sunnier a Rennes- le-Chateau sarebbe questo: la sopravvivenza e la fuga di Gesù. Ma elencando le stranezze della chiesa di Maria Maddalena, lui nominò il rosone molto speciale, che in alcuni periodi particolari dell’anno, cioè nei solstizi ed equinozi, proietta il VOLTO DELLA SINDONE!


E dunque, che cosa rappresenta la Sindone?


E adesso ragioniamo: la Sindone è una delle reliquie che più delle altre “testimonia” l’avvenuta morte di Gesù, in quanto durante le analisi specifici condotti da una squadra di ricercatori esperti nei vari settori, compresa la criminologia, dimostrano che nel lenzuolo si trovava il CADAVERE IN RIGOR MORTIS, con i segni di flagellazione, i fori nei polsi, nei piedi e sul costato, e questo cadavere avrebbe prodotto la disidratazione delle fibre del lenzuolo, emanando i raggi simili ad un laser. Da qui prende l’origine anche la cosiddetta “curva bizantina”, che ritrae Gesù crocifisso nelle icone ortodosse come se avesse una gamba più corta rispetto l’altra, mentre, in realtà, era semplicemente più piegata, visto che entrambi i piedi fossero stati trafitti da un solo chiodo, sovrapponendo le gambe e nel rigor mortis una gamba rimase piegata più dell’altra. Dunque, se Gesù non fosse morto ma scappato, e la Sindone fosse un falso, che senso avrebbe progettare un rosone apposito che rifletta il volto della Sindone? Ciò significa che chi ha progettato questo tipo di restauro, venne a conoscenza di AUTENTICITA’ del Sacro Lino, e in seguito della MORTE E RESURREZIONE di Gesù!


Il “giallo” dei due bambini.


Ma c’è un altro particolare all’interno di quella chiesa: la Sacra Famiglia con due bambini! Qui sì che c’è da porre delle domande: come mai due bambini? Se uno è Gesù, l’altro chi è? Gesù aveva un fratello? Oppure un fratellastro, un figlio di Giuseppe nato dalle prime nozze, dopo di che rimase vedovo Giuseppe prese con se il figlio? Del resto l’Antico testamento è pieno di racconti dei fratelli in competizione tra loro, come Esaù e Giacobbe, Ismaele e Isacco, senza parlare di Davide, l’ultimo dei sette figli! E in tutti questi scritti il senso gravitava attorno alla questione della primogenitura per così dire “violata” per voler di Dio e il compimento delle profezie. Dunque, il primo figlio di Giuseppe sarebbe “messo in disparte” in nome del compimento delle profezie? Mentre i Vangeli ci riportano un altro particolare curioso per il quale la dottrina della Chiesa non fornisce la spiegazione: Tommaso era chiamato “didimo” che significa “gemello”… ma gemello di chi? Un gemello che visse nell’ombra, e proprio per questo non si faceva capace dell’avvenuta morte e risurrezione del fratello? Inoltre sappiamo anche da alcuni vangeli apocrifi che Tommaso dopo la discesa dello Spirito Santo andò a predicare proprio nelle Indie, dove ipoteticamente si sarebbe nascosto il presunto Gesù sopravvissuto alla croce! Qui azzarderei un’ipotesi. Se S. Tommaso fosse veramente il fratello di Gesù, e la presunta discendenza reale con i poteri soprannaturali che dalle Indie arriva in Francia e da origine ai Merovingi fosse sua? Del resto, come veniamo a sapere dagli Atti degli Apostoli, tutti i discepoli che sono stati a stretto contatto con Gesù avevano acquisito i poteri taumaturgici e soprannaturali! E in seguito, bastava avere la discendenza da uno dei 12 apostoli e non per forza da Gesù, per avere come dono naturale le guarigioni con l’imposizione delle mani!

Da Rennes-le-Chateau a Rosslyn.


Ma andiamo avanti parlando del Graal, sta volta come un calice usato da Gesù durante l’ultima cena e in seguito usato per raccogliere il suo sangue ai piedi della croce. Piano piano, dalla fantasia cominciamo a “scendere con i piedi per terra”, toccando un altro argomento geografico: la Cappella di Rosslyn. Sappiamo che esiste la cosiddetta “Via della rosa” ovvero “linea della rosa” che consiste nelle lastre di bronzo incastonate tra le mattonelle dei marciapiedi e passa per le vie di Francia ed altri paesi finendo a Gerusalemme, la Terra Santa dove nacque, visse, morì e risorse Gesù. Percorrendo invece questa linea all’indietro, ci porta in Scozia, nella Cappella di Rosslyn, che in dialetto locale significa proprio “Linea della rosa”! Nonostante fosse incominciata la sua costruzione nel 1446, ben 132 anni dopo lo scioglimento dell’Ordine del Tempio e completata nel 1450, la chiesa riporta tutte le caratteristiche progettuali, geometriche e simboliche del sapere templare, e anche la sua posizione è sul punto nevralgico dell’energia tellurica, da produrre nei frequentatori una sensazione di rigenerazione e sollievo, che si percepisce nelle cattedrali templari!


Ecco, in questa Cappella, progettata dal Lord William Sinclair, c’è la cosiddetta colonna dell’Apprendista, un capolavoro finissimo, pieno di simboli tipicamente templari, attorno alla quale è nata una leggenda, che vuole questa colonna costruita da un ragazzo che faceva l’apprendista presso un maestro costruttore, quale vedendo il progetto complicato prese il permesso di andare a studiare ulteriormente per poterlo realizzare. E mentre si trovava fuori, il suo alunno costruì la colonna. Quando il maestro tornò, rendendosi conto che il talento del ragazzo superava il suo, uccise l’apprendista. Ma non è tutto. Secondo alcune ricerche questa colonna risulterebbe contenente qualcosa nel suo interno. Che cosa potrebbe essere?

La Colonna dell’Apprendista e il dipinto di Leonardo: c’è la connessione???


Un accenno molto criptato ce lo fornisce Leonardo da Vinci nel suo famoso dipinto “Ultima Cena”. Questo artista geniale, con grande maestria produsse tanti capolavori, tutti o quasi contenenti il significato misterioso, pieno di messaggi criptati, difficilissimi da decifrare. Alcune scuole di pensiero ritengono che Leonardo, probabile esponente dei Rosacroce, aveva un incarico molto particolare: oltre a trasmettere dei messaggi segreti, doveva depistare, cioè trasmettere i messaggi fuorvianti, persino per gli iniziati! E per rendere la bugia più credibile, doveva per forza metterci una dose di verità. E così, nell’Ultima Cena, mentre il messaggio fuorviante è ben in vista, cioè la sovrapposizione di due personaggi, quello di San Giovanni Evangelista e Santa Maria Magdalena, la dose di verità è molto più nascosta, quasi subliminale. Qual è?
Per prima cosa, le misure e le proporzioni della tovaglia sul tavolo corrispondono alle misure e proporzioni della Sacra Sindone, e, secondo gli studiosi, questa tovaglia nel dipinto originale, prima di essere restaurato durante i secoli, era vuota, cioè gli oggetti sopra sono stati aggiunti in seguito dagli altri pittori che avevano restaurato il dipinto. Ma non è tutto! Se osserviamo il tavolo, sia vuoto con la sola tovaglia, sia riempito di piatti, sembra che manca una cosa: il CALICE. Il calice che sarebbe il Santo Graal, una delle reliquie più preziose ed ambite di tutta la storia del cristianesimo. Sembra che non c’è, ma non è esattamente così! Il calice c’è, ma non dove tutti aspettano di trovarlo! Non sta sul tavolo, bensì, appena visibile appare come incastonato nella prima colonna a sinistra, sopra la testa di S. Bartolomeo.
E le macchie ancor più spettrali, percettibili appena appena, formano l’immagine del volto della Sindone, di cui bocca si trova giusto in direzione del calice. Dunque, considerando l’asse di tempo tra la conclusione dei lavori di costruzione della Cappella di Rosslyn nel 1450 e la nascita di Leonardo nel 1452, potrebbe esserci un collegamento? La colonna della Cappella che contiene qualcosa murato all’interno, e Leonardo colloca il calice nella colonna? Il depistaggio o la dose di verità? Per adesso non lo sappiamo, ma ciò che è importante è comprendere il vero significato del Graal.

Dall’oggetto al simbolo.




Se leggiamo attentamente le leggende arturiane, non possiamo non notare che il cavaliere che trova il Santo Graal è il più giusto e puro di tutti gli altri cavalieri, ed è diventato cavaliere non per nobiltà delle origini, ma per nobiltà di cuore. Un ritratto sovrapponibile al modello biblico, dove Gesù è il sacerdote a modo di Melkisedek: un sacerdote non appartenente alla stirpe di Levi, quella sacerdotale, ma il suo è un sacerdozio infuso dal cielo, esattamente come la nobiltà del cavaliere del Graal. Per di più, per poter avvicinarsi al prezioso calice, il cavaliere in questione deve superare le prove, come lasciare fuori il cavallo(che rappresenta la natura materiale del essere umano), deporre la spada( che rappresenta la linea difensiva e bellicosa del comportamento umano), togliersi l’armatura( che rappresenta la condizione umana con i desideri, paure, incertezze, peccato), e soltanto allora sarà possibile per lui avvicinarsi e prendere il calice! In poche parole, per accogliere la sostanza divina, l’essere umano deve percorrere un cammino spirituale di elevazione, purificando il suo essere dal tornaconto personale, posto spesso al di sopra dei valori universali come fede, fratellanza, amicizia, onestà, coraggio, giustizia! Bisogna guardarsi all’interno e capire cos’è che ci appesantisce ed ostacola da sbarrare il nostro cammino spirituale? Da quando l’essere umano è caduto, è tormentato continuamente dalla bramosia di ricchezza e potere sugli altri suoi simili. Perché non ci accontentiamo di ciò che abbiamo? Perché cerchiamo la ricchezza? Perché attraverso di essa si compra il potere temporaneo! E il potere crea l’illusione di immunità e impunità. Più soldi si ha, più potere si acquista, tanto da sentirsi quasi un dio sulla terra! E chi si mette al posto di Dio, sappiamo che fine fa: finisce nel abisso, proprio perché la ricchezza pesa e tira sempre più giù quanti la usano per comprare il potere! Ed è per questo che occorre liberarsi dalla corazza del potere e tornaconto! Per accogliere in se la sostanza di Cristo (il sangue del calice) bisogna diventare come un calice vuoto, proteso verso l’alto. E soltanto allora si raggiunge il vero potere: quello di essere gli eredi di Dio, emanando la Sua presenza dall’interno delle nostre anime, trasformandoci in piccole scintille dell’Eterna luce di Dio!
Federica Templar.

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martedì 3 dicembre 2019

Misterium Vitae



Misterium Vitae


Vi presento il mio nuovo quadro che si intitola "Misterium vitae". Perché in latino? Perché la parola italiana "mistero" differisce leggermente dal significato latino "Misterium". In italiano "mistero" è quasi sinonimo del "segreto", cioè una cosa nascosta, mentre "Misterium" significa qualcosa di nascosto che viene rivelato.
Qui abbiamo un paesaggio vasto, sullo sfondo c'è una valle alternata con le colline ricoperta di nebbia che si fonde con le sagome delle montagne in lontananza, ma che appare spianata. Poi la pianura si alterna con il bosco fitto e rigoglioso ancora pianeggiante, che ad un certo punto si interrompe da un precipizio spaventoso e profondissimo. Questo significa il distacco dal paradiso precedente, perduto dopo la caduta. La vita tranquilla e comoda rimase al di là dell'abisso, e l'unico passaggio è un fragile ponte naturale di roccia, a ridosso del quale cresce l'Albero della Vita, che richiama nella forma un olivo con due rami intrecciati a spirale,con una porta magica alla base. La sua chioma arriva fino al cielo, squarciando le nuvole e toccando il sole. Una parte delle sue radici è sospesa sull'abisso. Per arrivare alla porta magica piena di luce, bisogna attraversare il ponte di roccia, scomodo e pericolante, con le zone d'ombra, ma una volta lì, si arriva al mistero della vita, caratterizzata dalla dualità e ciclicità (due rami intrecciati a spirale). All' ingresso del ponte c'è una donna con in mani una coppa, che significa la conoscenza, e una spada, che significa il continuo combattimento quotidiano che affronta una madre, una sorella, una sposa. La donna è la depositaria della vita, poiché è lei che la dona. Dall'altra parte c'è un cavaliere a cavallo, accompagnano da un cane da caccia. Entrambi si avvicinano al ponte di roccia intenti ad attraversarlo. Il cavaliere a cavallo rappresenta la natura umana, fatta dal corpo con le sue esigenze animali(il cavallo) e la mente razionale ( il cavaliere) che dirige e domina la parte animale. Il cane da caccia invece rappresenta il desiderio di conoscere la verità, la ricerca, l'intelligenza e il discernimento. Sia la donna che il cavaliere indossano gli abiti bianchi con la croce patente templare, dunque alla base della loro vita sta la fede in Cristo e la giustizia nel nome di Dio.
Dall'abisso sorge un drago che appare trasparente, spettrale, quasi fatto di una gelatina, e in effetti, l'uomo non lo vede, ma il cane si. Il drago rappresenta le forze avverse della natura, gli impedimenti, gli errori, e nella sua figura porta due numeri: 2 che sta per la doppiezza della natura umana (il bene e il male) e 8 che sta per il corpo. Nella somma 2+8 danno 10, che corrisponde alla jod ebraica, che significa "mano attiva": cioè finché siamo nel corpo materiale, le nostre azioni hanno il doppio risultato, da un lato buono, ma dall'altro cattivo. Però la consapevolezza di ciò può mutare in solo bene, infatti, il drago retrocede dinanzi al cane che gli ringhia. Conoscere la verità argina l'errore.
È un altro elemento è molto presente all'interno del quadro: l'acqua. L'acqua presente nelle nuvole e nella nebbia, che sta per le acque della creazione, l'acqua che attraversa il bosco irrigandolo, che contiene il principio vitale, e che alla fine sgorga dalla parete verticale del precipizio, cadendo a cascate vertiginose, che diventa un pericolo, perché porta in sè sia la vita che la morte.
E così, Misterium vitae consiste nel dominare se stessi, cercare la verità, combattere per la giustizia nel nome della fede, di modo da poter attraversare il ponte senza pericolo di finire nell'abisso, giungendo alla porta stretta che porta verso la luce eterna.
Olga Federica  Paliani

diaconessa della Chiesa Ortodossa Italiana e Precettore della Confraternita Templare San Giacomo de Molay di Cosenza